Maria Concetta Cacciola monologo immaginario

Oggi pubblichiamo il monologo immaginario di Maria Concetta Cacciola scritto da Roberta
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Prologo – Maria Concetta Cacciola, di Rosarno, è nata in una famiglia legata ai Bellocco e alla malavita della Piana di Gioia Tauro. Dopo il matrimonio, col quale sperava di uscire da quella spirale di violenza e sopraffazioni, le cose per lei peggiorano, perché suo marito presto finirà in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso. Così Maria Concetta, stanca, decide di andare dai carabinieri e raccontare tutto. Viene così messa sotto un programma di protezione, ma non può portare con sé i figli

A fine maggio 2011 iniziò quello che doveva essere il mio riscatto, che aspettavo da quando mi ero sposata, con l’idea di avere più libertà con Salvatore.                                                                                         Prima di partire una sola cosa però feci, scrissi una lettera. Poche ne avevo scritte in vita mia, ma quella era la più importante. La lettera era per mia madre, lì c’era scritto come volevo che trattassero i miei figli in mia assenza e soprattutto c’era scritto come mi sentivo. Forse non ho mai provato dolore più forte: quando li ho lasciati sentivo un vuoto dentro che nessuno mai sarebbe stato in grado di colmare. Ancora non posso credere che l’ho fatto, perché forse se ci avessi pensato un po’ di più non sarei mai partita, ma io non lo rimpiango, perché forse in questo modo potrò dare una vita migliore a loro e a me. Mentre scrivevo la lettera, che poi avrei lasciato su quel tavolo che pensavo di non rivedere più, lo stesso tavolo dove i miei figli mangiavano ogni giorno, sentivo qualcosa dentro tra dolore e forza: perché il dolore era tanto, ma la forza di riscattarmi per una volta nella mia vita era di più. In quel momento mi sono sentita forte come mai in vita mia mi ero sentita, era il momento giusto per voltare pagina e almeno credere nella vita che avevo sempre desiderato. Supplicai mia madre di non sbagliare come aveva fatto con me e di dare ai miei figli le libertà dovute per la loro giovane età. Non chiedevo tanto, ma sapevo che per lei sarebbe stato difficilissimo seguire le mie parole. La lettera sembrava eterna, anche se non era lunghissima: i protagonisti erano i miei figli, mia madre alla quale tenevo tanto, e una piccola parte la lasciai anche per umiliare Salvatore. Non era degno dei miei figli e per questo supplicai mia madre di tenerlo lontano il più possibile da loro, perché non meritava di avere neanche un minimo di affetto da quelle tre povere creature che non sapevano ancora in che ambiente erano costrette a vivere. La lettera finiva con le scuse a mia madre per tutto il dolore che le stavo provocando. Io penso che nella vita si possa sbagliare, e io di errori ne ho fatti tanti, alcuni lievi, altri gravi. L’errore di cui mi pento maggiormente è stato sposarmi così giovane, o forse solo sposarmi, perché se avessi aspettato un altro po’ avrei forse trovato qualcuno che davvero mi amava, perché quello di Salvatore non si può chiamare amore. Il secondo grande errore è stato quello di tacere così a lungo sugli orrori che commetteva la mia famiglia, se così si può chiamare. Ma penso di avere fatto anche cose giuste: i miei figli ed essere diventata un testimone di giustizia. Per la mia famiglia questo sì che è stato un errore, ma per me è stata la cosa migliore che ho fatto.
Epilogo – Maria Concetta sarà poi sottoposta a pressioni enormi da parte della famiglia, che le faceva sentire il pianto dei figli per indurla a ritornare. Così rinuncerà al programma di protezione, in un’altalena di dubbi, paure e ripensamenti. Chiusa in casa e minacciata, costretta con la forza a ritrattare le sue dichiarazioni, sarà infine costretta ad ingerire acido muriatico, e verrà trovata morta il 17 agosto del 2010. Per la sua morte sono stati condannati i genitori e anche il suo avvocato  

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