Pino Puglisi monologo immaginario
Oggi pubblichiamo il monologo immaginario di Don Pino Puglisi scritto da Emanuele.
Prologo – Don Pino Puglisi è stato parroco nel
quartiere Brancaccio di Palermo, quartiere segnato dal degrado, dalla mafia e
dall’emarginazione. Come parroco si impegnò per cercare di togliere dalla
strada giovani che erano facile preda della criminalità organizzata,
avvicinandoli alla Chiesa e ai buoni insegnamenti e aiutandoli a costruirsi un
futuro lontano dalla mafia. Ma le sue parole e le sue azioni non piacquero ai
boss, che più volte lo minacciarono di morte e lo picchiarono per avvertirlo,
come in quell’estate del ‘93
Palermo, luglio 1993 - Ogni
giorno della mia vita, specie in momenti come questo, mi faccio tante domande,
su cosa devo fare, come devo reagire davanti alle situazioni difficili, come
posso aiutare gli altri e come trovare la forza per sopportare i dolori e le
delusioni. Alcune risposte mi arrivano dall’esperienza,
ma le risposte che sono servite a costruire l’uomo e il sacerdote che sono
adesso, le ho avute da Cristo. L’amore che lui mi dona mi libera da tutte le
mie schiavitù, da tutto quello che mi opprime, e mi avvicina agli altri.
Ho capito cosa vuol dire
amare gli altri, anche i nemici, perché solo se si è amati si può cambiare; è
impossibile cambiare se si è giudicati. Sì può contribuire a cambiare qualcuno
solo se gli si esprime il proprio amore, e nell’amore gli si fa capire che per
il suo bene deve cambiare.
Questo è il centro della
mia esistenza, l’amore per gli altri, che mi porta a lottare contro le
ingiustizie, a liberare questi ragazzi e le loro famiglie da chi vuole il loro
male.
Fin da piccolo ho sempre
sentito dentro di me l’esigenza di camminare a testa alta, di non piegarmi al
demonio e di non avere paura, di essere libero di pensare e di rompere le
scatole, quando era il momento giusto.
Ci sono momenti in cui ho
paura di non farcela, di morire, di deludere gli altri e non riuscire ad
aiutare il prossimo, mi chiedo se ho fatto del mio meglio.
Mi sento solo, abbandonato e in crisi
profonda, ma proprio in questi momenti mi rivolgo a Cristo, lui mi sostiene e
mi dà forza, lui risponde a tutte le mie domande, a tutti i miei dubbi.
Sono sempre convinto che
stare fermi non produce nulla, bisogna fare qualcosa, ogni gesto è importante e
sicuramente non trasformerà il quartiere Brancaccio, ma quello che vorrei dare
è un modello diverso, soprattutto ai giovani, a cui è rivolto sempre il mio
pensiero.
Il mio cuore si strazia
quando vedo i giovani, anche piccolissimi, che rubano, che sono costretti a
lavorare per questi cosiddetti “uomini d’onore” e le bambine costrette persino alla
prostituzione minorile.
Sono furioso per tutto
questo, devo toglierli dalla strada, devo allontanarli da tutta questa
violenza, Dio mi darà la forza di farlo, devo rimboccarmi le maniche ed essere
pronto a combattere per la libertà.
La vita non è fatta di
violenza e di degrado, ci sono dei valori come la pace, la fraternità e la collaborazione:
questa è la mia speranza ed è quello che voglio trasmettere agli altri.
Nei momenti in cui ho
paura di tutto quello che sto affrontando e vivendo, apro il mio cuore a Dio e
mi sento in pace, sereno e allo stesso tempo forte come un leone.
Quando il cuore di una
persona si apre a Dio e gli dice di sì, allora Dio regna e tutto ritorna al
posto giusto.
In fin dei conti io non
ho moglie, non ho figli, se mi ammazzano non mi interessa, gli altri invece
hanno famiglia e rischiano tanto.
Dio mi ha dato un
carisma, questo è il mio compito e devo portarlo a termine come sacerdote e
uomo. La mia famiglia è la parrocchia e i miei figli la gente del quartiere,
devo proteggere la loro anima e con l’aiuto di Dio devo salvarli dal maligno.
Questi assassini si nutrono e vivono di violenza, perdono la loro dignità
umana, sono meno che uomini, si degradano da soli, per le loro scelte, al rango
di animali.
Mi hanno picchiato e di
questo ho paura, ma Dio è con me e nulla deve temere, Dio mi ama e mi protegge
sempre.
La mafia è terrore, dolore,
violenza, morte, mentre Dio è vita, luce, speranza e amore.
Epilogo - Don Pino fu ucciso dalla mafia il 15
settembre 1993, il giorno del suo 56° compleanno. Quel giorno aveva lavorato
per farsi assegnare uno stabile da trasformare in una scuola per i suoi amati
ragazzi. Erano le 20.45, e stava rientrando a casa, dove lo aspettavano per
festeggiare. Stava per aprire il portone, quando un uomo lo chiamò per farlo
voltare. Don Pino disse: “me l’aspettavo” e un killer lo colpì alla nuca.Don
Pino fu beatificato il 25 maggio 2013.
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