Globalizzazione:pro o contro?
DISCORSO SULLA GLOBALIZZAZIONE (pro e
contro)
Io
sostengo i benefici della globalizzazione e lo dico apertamente e in maniera
convinta, perché secondo me ci sono più aspetti positivi che negativi.
Incominciamo
dall’obiezione centrale di chi disprezza la globalizzazione e la ritiene la
causa di tutti i mali: dicono che uno degli effetti della globalizzazione è che
il divario tra ricchi e poveri è aumentato e aumenterà sempre di più. Ma non è
così, perché -sebbene la popolazione negli ultimi decenni sia aumentata
moltissimo- la percentuale di persone
che vive in povertà assoluta è diminuita, l’aspettativa di vita è aumentata
(una volta la vita durava in media 40 anni!) e il reddito pro-capite è in media
molto migliorato. Ed è grazie alla globalizzazione dei commerci che molti paesi
si sono sviluppati e hanno delle merci competitive (ad esempio i cosiddetti
“BRICS”, cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica)
La
globalizzazione inoltre ha molto giovato al miglioramento delle conoscenze
culturali: gli analfabeti sono diminuiti e il livello di scolarizzazione media
è aumentato,
E che dire della comunicazione? Oggi le
notizie volano in tempo reale, e ciò ci consente di essere sempre informati
e-in casi purtroppo attuali come quello del corona virus- di prendere le dovute
precauzioni in tempi brevi, ma anche di scambiare le informazioni: oggi i
medici e i ricercatori si avvantaggiano a vicenda delle conoscenze, che quindi
si moltiplicano.
I
no global dicono che una conseguenza negativa della globalizzazione è che le
fabbriche chiudono nei paesi sviluppati, provocando disoccupazione, e
delocalizzano, cioè vanno ad aprire in paesi poco sviluppati, per pagare meno
tasse e salari più bassi. Ma in verità la chiusura di molte fabbriche è stata
provocata dai progressi delle nuove tecnologie, che hanno migliorato la
produttività e accresciuto il benessere nelle nostre società. E comunque le
fabbriche che delocalizzano portano lavoro in paesi in cui ce n’è bisogno.
Grazie alla globalizzazione in questi paesi poco sviluppati sono arrivate nuove
tecnologie, come per esempio i cellulari o i computer, che magari noi abbiamo
da molti anni e ci sembrano una cosa scontata.
Non
dimentichiamo inoltre che grazie alla globalizzazione si è potuta avere una
riduzione enorme dei tempi e dei costi di trasporto: oggi spostarsi da un capo
all’altro del mondo è molto più facile e veloce!
In
conclusione io dico che prima della globalizzazione la vita per molti abitanti
della Terra era misera, era breve ed era brutale. Oggi è migliorata per tutti,
anche per i più poveri. E’ vero, il mondo è cambiato e ha tanti difetti, ma la
nostalgia del passato non serve a niente. Il futuro potrà essere certo
migliore, ma non lo dobbiamo cercare nel passato.
MELISSA
Da decenni ormai il mondo è sempre più globalizzato: il
commercio, il pensiero, la cultura, l’informazione, tutto è globale, persino le
malattie, come stiamo purtroppo sperimentando. Ma dovremmo farci una domanda: “Ci
pensiamo mai che la globalizzazione è in fondo un meccanismo che permette ai
potenti di sfruttare i deboli?”
Non si può negare, infatti, che la globalizzazione
mondiale sta rendendo sempre più squilibrati i rapporti economici tra i vari
paesi. Io mi ritengo contraria alla globalizzazione perché secondo me gli
aspetti negativi superano di gran lunga quelli positivi: è vero che gli anni
passano, le cose cambiano e diventano più veloci, più moderne, ma fino a un
certo punto! Ci pensiamo al degrado ambientale causato dallo sfruttamento dei
territori dei paesi del Terzo Mondo? Ai disboscamenti, all’inquinamento
incontrollato? E’ tutto frutto della globalizzazione dell’economia. E purtroppo
si fa sempre più concreto il rischio dell’aumento delle disparità sociali, o
meglio del divario tra ricchi e poveri. Esiste un sistema di regole internazionali
che lascia libere di agire le imprese più forti e non si preoccupa di sostenere
i soggetti più deboli. Ciò finisce col lasciare in condizioni misere oltre due
miliardi di uomini, donne e bambini. Il
divario a livello mondiale è tra l’80% di persone in difficoltà e il 20% di
persone che vivono bene, in termini di ricchezza, redditi e consumo. In poche
parole, c’è chi va a gonfie vele e chi rischia di finire sugli scogli, e i
secondi sono quattro volte i primi. Si può chiamare progresso questo? Per non
parlare poi della perdita delle identità locali: ad esempio qualche calabrese
si ricorda cosa sono le frittole? E i lombardi conoscono ancora e tuttora
mangiano le Sciatt della Valtellina, le mitiche frittelle della nonna? E che
dire poi della diminuzione della privacy? Giorno dopo giorno il diritto alla
privacy sta diventando sempre più difficile da gestire. E così nascono reati
nuovi: il cyberbulling, il cyber stalking, gli hacker, gli hater, il pishing e
chi più ne ha più ne metta. Oggi per far del male alle persone non si ha più
bisogno di averle davanti, basta un pc o un semplice smartphone, perché siamo
sempre tutti connessi in un unico villaggio globale, ma al posto di volerci più
bene ci odiamo sempre di più. Viviamo in una società virtuale: tutti con
cellulare, iPad, laptop, e non pensiamo più al mondo che ci gira attorno. Una
cosa ancora più terrificante è attraversare la strada con questi aggeggi: ogni
anno ci sono centinaia di morti fra i pedoni di tutto il mondo che camminano
senza guardare la strada.
E che dire degli effetti secondo me orribili della
diffusione delle multinazionali a livello mondiale? Pensate a un turista lametino che va in una
città molto lontana, ad esempio Las Vegas, sperando di entrare in contatto con
cibi, vestiti, mode, musica, abitudini tipiche del luogo: certo rimarrà un po’
deluso, perché ormai gli unici negozi rimasti sono i centri commerciali, e nei
centri commerciali, a qualsiasi latitudine, ci sono gli stessi prodotti, le
stesse marche, gli stessi negozi che troviamo nella nostra città, con gli
stessi identici capi di abbigliamento, scarpe e quant’altro. E se esce dal centro commerciale per andare a
mangiare è probabile che si ritrovi davanti il classico Mc Donald.
Insomma la globalizzazione per me è il male assoluto dei
nostri tempi. Ed è figlia del consumismo.
Pier Paolo Pasolini, a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70, diceva
che il consumismo era il nuovo fascismo, che era quello che si doveva
combattere, ma a quanto pare non abbiamo mai iniziato.
Per concludere, direi che lo “scambio ineguale” è il più
grande problema provocato dalla globalizzazione, e li riassume tutti. I paesi
più ricchi della Terra estraggono dai paesi poveri materie prime a basso costo,
lavorano queste materie prime in posti dove la manodopera costa poco e poi
vendono – a prezzi vantaggiosi e da loro stabiliti- prodotti ad alta tecnologia
ai paesi poveri, che non sono in grado di produrli. Così i paesi poveri sono costretti a
indebitarsi con quelli ricchi e a pagare forti interessi. Ad esempio l’Africa
vende 3 kili di coltan a 20 dollari all’America, l’America utilizza quei 3 kili
di coltan per realizzare centinaia di telefoni, guadagnando intorno ai mille
euro a telefono.
Io dico che l’unica globalizzazione che dovremmo
realizzare è quella dei diritti, perché anche se oggi il mondo è stretto in una
rete fittissima di relazioni, se non c’è uguaglianza di diritti e di
opportunità il vero progresso non si realizzerà mai.
AURORA
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